CNA Enna contro il Piano Strategico per le Aree Interne: «Inaccettabile, lo Stato vuole accompagnare al declino il Sud»

CNA Enna contro il Piano Strategico per le Aree Interne: «Inaccettabile, lo Stato vuole accompagnare al declino il Sud»

«La nuova strategia per le aree interne è semplicemente inaccettabile e offensiva». A parlare è Valentino Savoca, presidente della CNA di Enna, che non risparmia critiche al nuovo Piano Strategico pubblicato dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud. Al centro della polemica, l’inquietante classificazione di ben 42 aggregazioni di Comuni meridionali come “Povertà dietro l’angolo” – un’etichetta che fa discutere e che, secondo la CNA, suona come una sentenza di morte per intere comunità.

“Accompagnare al declino”? La CNA insorge

Nel documento ministeriale si parla, nero su bianco, di “obiettivo minimo” e persino di «accompagnamento allo spopolamento». Una frase che ha fatto sobbalzare sindacati, associazioni e cittadini: «Può lo Stato dichiarare l’eutanasia per una parte così ampia del proprio territorio?» – si chiede amaramente la CNA – «e rinunciare così ai principi costituzionali della sussidiarietà, dell’uguaglianza e della dignità sociale?».

Sud come opportunità, non come peso

Secondo l’associazione, quella del Governo è una visione pericolosamente distorta: «Le aree interne non sono un fardello, ma una risorsa. Dove altri vedono fragilità, noi vediamo potenziale». La CNA cita anche dati economici incoraggianti – che segnalano nel Sud tassi di crescita superiori a quelli del Nord – per ribaltare la narrazione dominante e difendere i piccoli comuni come motore di rinascita. Pensare di gestire questi fenomeni con politiche “difensive” – o peggio ancora, “di resa” – è per l’organizzazione un grave errore strategico.

Lettera aperta alle istituzioni: fermare lo smantellamento

In conclusione, la CNA di Enna annuncia un’iniziativa concreta: una lettera aperta indirizzata a tutte le Istituzioni, per chiedere un immediato cambio di rotta. Obiettivo: impedire che passi una visione che – parole testuali – «istituzionalizza l’abbandono» e tradisce l’identità di un’Italia fatta di paesi, borghi, memoria e comunità. «Che futuro può avere una nazione che sceglie di abbandonare il 60% del proprio territorio per concentrare 60 milioni di persone in una trentina di città?» – si legge nella nota, intrisa di preoccupazione e orgoglio territoriale.

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