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Riforma della burocrazia, parte IV: le Province e le Regioni

Riforma della burocrazia, parte IV: le Province e le Regioni

Con questa nota , dopo quelle relative al Senato, alle Società partecipate e alle municipalizzate già pubblicate considero chiuse, almeno per il momento, le mie considerazioni sulla riforma della burocrazia. Un capitolo difficile questo, dal momento che riguarda le due più importanti strutture del nostro Stato. Argomento che ho voluto trattare  assieme perchè molti problemi ,che hanno reso e rendono più pesante molti aspetti, si intrecciano o sono comuni.

Il titolo del primo articolo pubblicato il 20 agosto 2011 su diversi giornali on line, inserito alle pagine 7/9 del mio primo volume di Cronaca e riflessioni sulla politica italiana, era infatti “La soppressione delle province” che ricordava l’impegno assunto dal nostro Parlamento al momento della discussione della   legge sulla creazione delle regioni.

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Dal testo stenografico della seduta della Camera del 14 gennaio 1970 risulta che  il deputato Mammì del PRI, molto vicino all’on. La Malfa fautore della legge, così si espresse:  “ che le province siano enti artificiosi, che siano enti senza razionalità lo possiamo dire confortati dal parere di illustri studiosi di diritto amministrativo” ,inoltre “ L’unico paese delle nostre dimensioni, con quattro livelli elettivi, sarebbe appunto l’Italia. Altri paesi non ve ne sono.”.

L’on. Ugo La Malfa a quanti si preoccupavano che l’economia italiana  non era  nelle condizioni di sopportare il relativo onere, rispondeva che “con l’approvazione della legge si poneva fine alla sovrastruttura della provincia ed i comuni avrebbero avuto come interlocutore solo la regione”. Allora le province italiane erano 94 ed oggi sono più di 110 ed anche i  livelli elettivi sono aumentati con la creazione dei consigli di quartiere.       Purtroppo è  quello che normalmente accade nel nostro paese che, per ottenere un risultato non condiviso, bisogna fare alla controparte tante promesse pur sapendo di non doverle rispettare.

Questa situazione tollerata per cinquant’anni dall’intera classe politica, oggi si è  molto aggravata con nuove proposte per dare alle regioni, la cui presenza viene dai più ricordata per avere creato costosi carrozzini e negative gestioni, maggiore autonomia, mentre non è stato realizzato quello snellimento  promesso di una nuova organizzazione politico-amministrativa, con l’abolizione delle province.

Su questi problemi mi sono soffermato molte volte con articoli, sempre pubblicati su diversi giornali on line e riversati nei miei libri, trattando alcuni aspetti di un altro grosso problema: la riduzione del debito pubblico..

Il 16 febbraio 2019 con la nota “Nuovi problemi: le  regioni” scrivevo:

“ E’ all’esame del governo la richiesta sostenuta da Salvini di maggiore autonomia per le regioni del nord. Richiesta che comincia a interessare altre regioni, come risulta da quella analoga fatta dal Presidente della Regione Campania.” (pagina 27/28 del V volume). Nella stessa nota, richiamando altro articolo del 18 aprile 2014,( di cui proprio oggi voglio festeggiare il sesto compleanno, pagine 172/173 del I° volume), scrivevo: “ Le regioni si sono dimostrate la causa prima del disastro finanziario del Paese, luoghi di malcostume e di connivenza con gli ambienti della malavita organizzata la quale è riuscita ad esportare in tutta l’Italia i sistemi tradizionalmente usati dalla mafia, dalla ndrangheta, dalla camorra e dalla corona unita. Al momento in cui il Parlamento sarà chiamato a modificare il titolo V della Costituzione, sarebbe opportuno valutare seriamente la possibilità di riconsiderare l’intero problema, mantenere in vita  l’Ente provincia ancora non abolito, e abolire la fallita organizzazione regionale dello Stato.” 

Mentre più volte mi sono soffermato sull’opportunità dell’abrogazione dello Statuto mal gestito, riconosciuto alla Regione Siciliana in un momento particolare da molto tempo superato, oggi non si può accettare che la situazione delle regioni del nord sia diversa, come  conferma il fatto che oltre un centinaio di Consiglieri regionali, di Assessori e di Governatori sono stati coinvolti in gravi fatti collegati  a rapporti con ambienti della criminalità organizzata.

Con queste mie quattro note penso di avere dato un piccolo contributo alla conoscenza di molte situazioni che continuano giornalmente ad aggravare quel peso negativo, con il quale la burocrazia condiziona la vita di tutti.

Angiolo Alerci

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