I ricercatori del Bio-Inspired and Dexterous Manipulation Lab dell’Università di Stanford hanno creato una nuova pelle elettronica (e-skin) per robot che non solo rileva il tocco e la temperatura, ma è anche in grado di ripararsi autonomamente da tagli e graffi, in modo molto simile alla pelle umana. Questa innovazione, presentata sul MIT Technology Review, risolve una delle sfide più grandi nel campo della robotica soft: la fragilità. I robot morbidi, ideali per interagire in sicurezza con gli esseri umani e manipolare oggetti delicati, sono infatti estremamente vulnerabili a danni che possono comprometterne il funzionamento.
L’ispirazione per questo materiale avanzato viene direttamente dalla biologia. La pelle sintetica è un polimero flessibile al cui interno sono state disperse milioni di microcapsule di dimensioni nanometriche. Queste capsule, simili a minuscole uova, contengono due agenti chimici distinti tenuti separati: un monomero liquido (un “mattone” chimico) e un catalizzatore. Quando la pelle artificiale subisce un taglio, le microcapsule lungo la linea di frattura si rompono, rilasciando il loro contenuto. Il monomero e il catalizzatore si mescolano istantaneamente, innescando una reazione chimica rapida nota come polimerizzazione. Questo processo crea nuove catene polimeriche che legano i lembi della “ferita”, ripristinando quasi il 90% della resistenza meccanica originale del materiale in meno di un’ora a temperatura ambiente.
Ciò che rende questa scoperta ancora più significativa è il ripristino della funzione sensoriale. All’interno del polimero sono incorporate anche delle nanoparticelle conduttive che permettono alla pelle di percepire la pressione e la temperatura. Il processo di auto-riparazione è stato progettato in modo tale che, durante la polimerizzazione, queste nanoparticelle si riorganizzino attraverso il tessuto appena formato, ristabilendo i percorsi elettrici e, di conseguenza, la capacità di “sentire”. Questa innovazione apre la porta a una nuova generazione di robot più robusti, autonomi e resilienti, capaci di operare a lungo in ambienti non strutturati senza bisogno di manutenzione costante. Le applicazioni future spaziano dalle protesi di nuova generazione, in grado di autoguarirsi, a robot industriali e di assistenza che possono sopportare l’usura della vita quotidiana, diventando partner più affidabili ed economici per l’uomo.