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Le ondate di calore marino mettono in pericolo un sistema cruciale per il clima

Pubblicato il 8 Ottobre 2025 da

Un nuovo studio, frutto di una collaborazione internazionale, lancia un allarme preoccupante: le ondate di calore che stanno colpendo i nostri oceani stanno danneggiando un meccanismo fondamentale, noto come “pompa biologica di carbonio”. Se questo processo, che agisce come un nastro trasportatore, si blocca, l’Oceano perde una parte della sua capacità di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera, con conseguenze dirette e preoccupanti sul clima globale. A svelarlo è una ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica “Nature Communications”, guidata dal MBARI (Monterey Bay Aquarium Research Institute) e che ha visto la partecipazione di un team interdisciplinare di ricercatori provenienti da università e istituti di ricerca di diversi Paesi.

Una storia che arriva dal Golfo dell’Alaska

Per comprendere gli effetti delle ondate di calore marino, il team di ricerca si è concentrato su una zona specifica, il Golfo dell’Alaska. Un’area che negli ultimi dieci anni ha vissuto due eventi di riscaldamento eccezionali: il primo, noto come “The Blob”, tra il 2013 e il 2015, e il secondo tra il 2019 e il 2020. I ricercatori hanno incrociato diversi set di dati, in particolare quelli raccolti dal progetto GO-BGC (Global Ocean Biogeochemical Array) che impiega una rete di robot sottomarini (i BGC-Argo) per misurare in continuo parametri come temperatura, salinità, ossigeno e presenza di plancton. A questi si sono aggiunti i dati provenienti da campagne di monitoraggio stagionali condotte con navi, che hanno analizzato la composizione delle comunità di plancton e del DNA ambientale.

Il plancton, un “attore” fondamentale

La pompa biologica di carbonio funziona grazie a organismi microscopici, in particolare il plancton. Questi microrganismi, infatti, sono in grado di assorbire il carbonio dall’atmosfera e di trasformarlo in materiale organico. Quando vengono mangiati o muoiono, si trasformano in particelle di carbonio che affondano dal fondale fino a migliaia di metri di profondità, sequestrando di fatto l’anidride carbonica per millenni. La ricerca ha dimostrato che le ondate di calore marino hanno un impatto diretto sulla base della catena alimentare marina e, di conseguenza, sul ciclo del carbonio. Durante l’evento del 2013-2015, la produzione di carbonio è stata alta, ma le particelle non sono affondate a sufficienza. Nel 2019-2020, invece, l’accumulo di carbonio è avvenuto in superficie, senza che la pompa si attivasse come avrebbe dovuto.

Una nuova fase per il monitoraggio degli oceani

La ricerca, come ha spiegato l’autore principale, Mariana Bif, ha dimostrato che non tutte le ondate di calore marino sono uguali. I cambiamenti nelle popolazioni di plancton sono diversi a seconda dell’evento, il che rende ancora più urgente un monitoraggio a lungo termine e coordinato. «Il nostro studio ha trovato che queste due grandi ondate di calore marino hanno alterato le comunità di plancton e interrotto la pompa biologica di carbonio dell’oceano», ha sottolineato Bif, aggiungendo che questo fenomeno aumenta il rischio che il carbonio, invece di essere sequestrato, ritorni nell’atmosfera. Una preoccupazione condivisa anche da Ken Johnson, scienziato del MBARI, che ha ribadito come questo studio rappresenti un “nuovo entusiasmante capitolo” per la ricerca oceanica, basato sulla sinergia tra robotica, chimica e genetica per comprendere appieno gli impatti degli eventi di riscaldamento sul nostro ecosistema.

Una minaccia che si estende

L’oceano assorbe circa un quarto dell’anidride carbonica emessa ogni anno. Se la sua capacità di farlo diminuisce, il riscaldamento globale subisce un’ulteriore accelerazione. Oltre a questo, le alterazioni della catena alimentare a partire dal plancton hanno conseguenze a cascata su tutta la vita marina e sulle attività umane. È per questo che i ricercatori sottolineano l’importanza di un monitoraggio costante: per comprendere e prevedere come le future ondate di calore marino incideranno sugli ecosistemi e sulle economie di tutto il mondo.

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