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L’intelligenza artificiale e il futuro del lavoro: un’onda d’urto sul mercato europeo

Pubblicato il 1 Ottobre 2025 da

Un nuovo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro prevede che entro il 2035 un quarto delle attuali mansioni professionali in Europa potrebbe essere automatizzato. Più che una minaccia, una chiamata all’azione per governi e imprese a investire massicciamente nella riqualificazione e nella creazione di nuove competenze.

 

La portata della trasformazione

L’avanzata dell’intelligenza artificiale generativa non è più un argomento confinato ai circoli accademici o alle sale riunioni della Silicon Valley, ma una forza concreta destinata a rimodellare il tessuto economico e sociale globale. Un recente e autorevole report, pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), quantifica per la prima volta in modo sistematico l’impatto di questa rivoluzione sul mercato del lavoro europeo. I risultati sono netti: entro il 2035, circa il 25% delle mansioni oggi svolte da professionisti e impiegati potrebbe essere interamente gestito da algoritmi. Un dato che non preannuncia una “fine del lavoro”, ma l’inizio di una transizione epocale che richiede lucidità e lungimiranza.

Oltre l’automazione dei compiti ripetitivi

A differenza delle precedenti ondate di automazione, che hanno interessato principalmente lavori manuali e ripetitivi, la rivoluzione attuale tocca il cuore delle professioni intellettuali. Lo studio “Il Futuro del Lavoro nell’Era dell’IA” evidenzia come i sistemi di IA siano ormai in grado di eseguire compiti complessi di analisi, elaborazione di dati e persino attività creative, settori finora considerati appannaggio esclusivo dell’ingegno umano. Questo significa che non solo i ruoli amministrativi, ma anche professioni come l’analisi finanziaria, la redazione di testi e parte della progettazione ingegneristica sono al centro di questa trasformazione. L’impatto potenziale si estende quindi a una vasta platea di lavoratori qualificati, ponendo interrogativi urgenti sulla sostenibilità degli attuali modelli professionali.

La sfida cruciale della riqualificazione

Di fronte a questo scenario, il report dell’OIL lancia un messaggio chiaro: la soluzione non è resistere al cambiamento, ma governarlo. La progressiva automazione di certe mansioni comporterà inevitabilmente la contrazione di alcune figure professionali, ma creerà al contempo una crescente domanda per nuovi ruoli. Emergeranno esperti nella gestione e supervisione dei sistemi di IA, specialisti in etica digitale incaricati di monitorare l’equità degli algoritmi e tecnici altamente qualificati per la manutenzione di queste infrastrutture tecnologiche. La vera sfida, sottolineano gli autori, è colmare il divario di competenze. Diventa quindi imperativo per i governi, le istituzioni educative e le aziende stesse avviare massicci e rapidi programmi di reskilling e upskilling, per dotare la forza lavoro degli strumenti necessari a navigare e prosperare in questo nuovo paradigma.

Una transizione da governare

In conclusione, l’intelligenza artificiale si configura non tanto come un sostituto del lavoro umano, quanto come un potente strumento di potenziamento e di riorganizzazione. Il report dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro non è un presagio apocalittico, ma un’analisi strategica che mette in luce la necessità di un’azione politica e sociale coordinata. Ignorare questa transizione significherebbe subire passivamente le sue conseguenze, con il rischio di acuire le disuguaglianze. Accompagnarla con investimenti mirati nella formazione e con un nuovo patto sociale tra tecnologia e lavoro, invece, rappresenta l’unica via per trasformare una sfida epocale nella più grande opportunità di progresso economico e umano del nostro secolo.

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