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Carne coltivata: la sfida per produrre carne senza uccidere gli animali

Carne coltivata: la sfida per produrre carne senza uccidere gli animali

La carne coltivata, che di sintetico non ha nulla, è prodotta da poche cellule prelevate da animali e coltivate con le tecniche della medicina rigenerativa. Si tratta di un processo che permette di ottenere veri e propri pezzi di carne commestibili senza dover allevare e macellare gli animali. Un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il settore alimentare e rispondere alle sfide della sostenibilità e del benessere animale.

La carne coltivata nasce dalla combinazione di biologia, ingegneria e tecnologia. Il primo passo è il prelievo di cellule staminali dal tessuto muscolare di un animale vivente, tramite una biopsia indolore. Queste cellule vengono poi nutrite con una soluzione ricca di proteine, zuccheri, vitamine e minerali, all’interno di un bioreattore che simula le condizioni fisiologiche dell’organismo animale. Le cellule si moltiplicano e si differenziano in fibre muscolari, che si aggregano a formare dei tessuti tridimensionali. Questi tessuti possono poi essere modellati in diverse forme e consistenze, a seconda del tipo di carne desiderata.

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La carne coltivata ha diversi vantaggi rispetto alla carne convenzionale. Innanzitutto, riduce l’impatto ambientale della produzione di carne, che è responsabile del 14,5% delle emissioni globali di gas serra, del consumo di grandi quantità di acqua e terreno e della perdita di biodiversità. Secondo alcune stime, la carne coltivata richiederebbe fino al 99% in meno di terra, il 96% in meno di acqua e il 92% in meno di energia rispetto alla carne tradizionale. Inoltre, eliminerebbe il problema della sofferenza e della crudeltà inflitte agli animali negli allevamenti intensivi e nei macelli, garantendo il rispetto della loro vita e dignità. Infine, migliorerebbe la sicurezza alimentare dei consumatori, evitando il rischio di contaminazioni batteriche, virali o parassitarie e la presenza di antibiotici o ormoni nella carne.

La carne coltivata è ancora in fase sperimentale e presenta alcune sfide da superare prima di arrivare sul mercato. La principale è il costo di produzione, che al momento è ancora molto elevato. Il primo hamburger coltivato in laboratorio, presentato nel 2013 dal professor Mark Post dell’Università di Maastricht, è costato 250 mila euro. Da allora, i progressi tecnologici hanno permesso di abbassare il prezzo a pochi euro al chilo, ma sono necessari ulteriori investimenti per rendere la carne coltivata competitiva con quella convenzionale. Un’altra sfida è la regolamentazione e l’accettazione da parte delle autorità sanitarie e dei consumatori. La carne coltivata deve infatti dimostrare la sua sicurezza, qualità e tracciabilità, oltre a dover affrontare le resistenze culturali e psicologiche legate alla sua origine artificiale.

La carne coltivata rappresenta una nuova frontiera del cibo, che potrebbe cambiare il modo di nutrirsi delle future generazioni. Si tratta di una soluzione innovativa per soddisfare la crescente domanda di proteine animali senza compromettere la salute del pianeta e degli animali. La carne coltivata potrebbe essere una realtà entro il 2030,

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